Trasparenza: Hillary pubblica mail, Jeb dichiarazioni redditi

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Nei giorni scorsi, Hillary ha assistito alla pubblicazione, da parte del Dipartimento di Stato, di quasi 2.000 sue mail di quando era alla guida della diplomazia Usa: ha così trovato piena attuazione quanto era stato disposto dalla magistratura federale. Pure l’ ‘arci-rivale’ Jeb è stato parallelamente impegnato in un esercizio di trasparenza, stavolta volontario: ha pubblicato le proprie dichiarazioni dei redditi degli ultimi 33 anni, rendendo così noto che il suo patrimonio netto pari a una cifra tra 19 e 22 milioni di dollari proviene in gran parte da investimenti e partecipazioni a convegni per cui è stato pagato fino a 75mila dollari. Il gesto di Bush è una forma di pressione sugli altri candidati perché facciano altrettanto: dopo la fine del mandato come governatore della Florida, nel 2007, Jeb ha visto il suo reddito annuale salire dai 260.580 dollari del 2006 ai quasi 7,4 milioni del 2013. Nessun reddito, invece, ma molte potenziali grane nelle mail di Hillary. Le oltre 3.000 pagine finite ora sul sito del Freedom of Information Act ci sono programmi, messaggi allo staff e al consigliere Sidney Blumenthal, comunicazioni sulla Cina e timori per un soggiorno negli Usa di Gheddafi. La posta elettronica dell'ex first lady è oggetto di polemiche da quando a marzo ha ammesso l'uso dell'account privato quando era segretario di Stato, tra il 2009 e il 2014. Con quest’ultimo pacchetto s’è giunti alla pubblicazione del 13% del totale, come era stato richiesto da un giudice federale. Dai messaggi, risalenti per lo più al 2009, emerge che diversi funzionari dello staff del presidente Obama, fra cui l’ex capo di gabinetto Rahm Emanuel, divenuto poi sindaco di Chicago, sapevano che il segretario di Stato usava sul lavoro un account privato, violando così i regolamenti interni. La vicenda s’è portata dietro una serie di polemiche minori correlate. E’ così emerso da un articolo del Wall Street Journal che lo staff di Hillary quand’era segretario di Stato avrebbe talora bloccato la diffusione di documenti politicamente rilevanti richiesti in base al Freedom of Informaction Act, la legge che dal 1966 impone la diffusione di documenti pubblici o meno del governo di carattere storico o di attualità per garantire la trasparenza della pubblica amministrazione. E c’è un ‘mini giallo’ perché il Dipartimento di Stato si sarebbe perso – ma l’affermazione è controversa - 15 mail, sul delicato caso dell'assassinio dell'ambasciatore americano in Libia, Chris Stevens, ucciso l'11 settembre 2012 al consolato di Bengasi insieme ad altri 3 americani da qaedisti di Ansr al-Sharia. (fonti varie – gp)

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