Repubblicani: sono 6, out Paul e Gilmore; lite su dopo Scalia

00160215Corte Suprema

Le assemblee nello Iowa e le primarie nel New Hampshire non hanno ancora deciso chi conquisterà la nomination repubblicana per la Casa Bianca, ma hanno di molto scremato il lotto degli aspiranti, che a un certo punto erano stati ben 17 e che si sono ora ridotti a sei. Dopo i ritiri dell’ex senatore Rick Santorum, dell’ex ceo di Hp Carly Fiorina – l’unica donna – e del governatore del New Jersey Chris Christie, ci sono da registrare quelli del senatore del Kentucky Rand Paul e dell’ex governatore della Virginia Jim Gilmore.

Gilmore, sceso in campo il 30 luglio, ha annunciato la sospensione della sua campagna venerdì 12: 67 anni, governatore della Virginia dal 1998 al 2002, Gilmore non era mai emerso nei sondaggi e non era stato ammesso a nessuno dei dibattiti in diretta televisiva in prima serata.

Paul, invece, un figlio d’arte – quattro anni or sono, il padre, Ron, deputato del Texas e libertario, cercò a lungo di contestare la nomination a Mitt Romney -, è stato più volte sul palco dei dibattiti: 53 anni, senatore in scadenza del primo mandato, Paul, che dopo il tonfo nello Iowa non era in lizza nel New Hampshire, ha forse lasciato per dedicarsi proprio alla campagna per il seggio del Senato, da rinnovare a novembre.

Le uscite di scena di Gilmore, un comprimario, e di Paul, uno che potrebbe riproporsi in futuro, non fanno rumore, mentre la scena politica Usa e pure la campagna per la nomination repubblicana sono dominate della discussione sulla nomina del giudice che andrà a sostituire nella Corte Suprema Antonin Scalia, deceduto improvvisamente in Texas all’età di 79 anni.

La Corte Suprema, i cui giudici sono a vita, si ritrova così spaccata a metà, quattro conservatori e quattro progressisti. L’italo-americano Scalia, la cui nomina si doveva a Ronald Reagan, ne era stato per trent’anni all’ala destra, con un’autorevolezza che l’esperienza accresceva.

Il successore di Scalia deve essere proposto dal presidente Barack Obama e approvato dal Senato, che è a maggioranza repubblicana. Tra gli aspiranti alla nomination repubblicani, l'ex governatore della Florida Jeb Bush è l'unico ad ammettere che Obama ha "il diritto" di designare un sostituto, mentre gli altri cinque esortano i repubblicani in Senato a bloccare l’iniziativa del presidente. Donald Trump e altri vogliono che il successore di Scalia sia il più vicino possibile a Scalia.

La tesi repubblicana, che non ha alcun fondamento costituzionale, è che Obama a fine mandato non può designare il successore. La tesi democratica, espressa da Hillary Clinton, è che pure il Senato ha il dovere di esprimersi e non può tirarla in lungo fino all’insediamento del nuovo presidente. Obama ha già detto che designerà un nuovo giudice, nonostante la minaccia di veto dei repubblicani. (fonti vv – gp)

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