Primarie: Hillary cala poker, Trump fa tris, Rubio fuori

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Hillary Clinton cala il poker, forse fa pokerissimo; Donald Trump fa almeno tris, forse poker: entrambi s’impongono in Florida, Illinois, North Carolina; Hillary cnquista pure l’Ohio, dove, fra i repubblicani, vince il governatore John Kasich, che resta così in corsa. Il Missouri resta incerto fino all’ultimo: Bernie Sanders, sconfitto d’un soffio in Illinois, e Ted Cruz se lo giocano con i rispettivi battistrada.

 

Esce di scena Marco Rubio, battuto in Florida, a casa sua: "L'America è nel mezzo d’uno tsunami politico, la gente è arrabbiata e frustrata", dice il senatore d’origine cubana, che aveva raccolto da Jeb Bush la fiaccola di alfiere dell’establishment del partito e dei moderati, ma che non l’ha portata a lungo. "Siamo dalla parte giusta, ma quest'anno non saremo dalla parte vincente", ammette Rubio, annunciando il ritiro. Nel suo Stato, Trump lo ha ‘stracciato’: 46% contro 27%.

 

Ora la fiaccola dei moderati ce l’ha Kasich, che, alla prima vittoria, con quasi il 47% dei voti nell’Ohio, dice: "Ci sono oltre mille delegati ancora da assegnare, posso arrivare alla convention con più delegati di chiunque altro".

 

Florida e Ohio, due Stati spesso decisivi per la conquista della Casa Bianca nell’Election Day – quest’anno, l’8 novembre -, attribuiscono i delegati con la formula ‘chi vince prende tutto’. Kasich, nel discorso della vittoria, con accanto la moglie e le due figlie gemelle, fa i complimenti al "talentuoso" Rubio, appena ritiratosi e di cui aspira ad ereditare gli elettori e i delegati, e conferma il suo messaggio pacato e unificatore: "Prima di essere democratici o repubblicani siamo americani – dice -, non percorrerò la strada di livello più basso per raggiungere la carica più alta del Paese".

 

Anche Cruz, che non ha avuto una buona giornata, testa a testa con Trump nel Missouri a parte, si dichiara soddisfatto della sua campagna e rivendica dal quartier generale di Houston i successi finora riportati "dall'Alaska al Maine", riproponendosi come unica alternativa allo showman e corteggiando i sostenitori di Rubio: "Vi accogliamo a braccia aperte … La storia di Rubio è potente, la sua campagna ha ispirato milioni di persone … Ora restano solo due campagne: la mia e quella di Trump”.

 

Ovvi di discorsi della vittoria di Trump e della Clinton, che può affermare: "La nostra campagna ha guadagnato più voti di qualsiasi altro candidato, democratico o repubblicano”. Hillary, che ha fatto “un atro passo verso la nomination”, ha parole di stima per lo sfidante Sanders, ma guarda già al possibile confronto con Trump per la Casa Bianca: "Il nostro comandante in capo deve essere in grado di difenderci, non di metterci in imbarazzo".

 

Per fare buon peso, la Clinton e Trump avevano pure vinto le assemblee nelle isole Marianne settentrionali, un territorio del Pacifico i cui 80 mila abitanti, però, non votano per la presidenza: Trump ha avuto quasi tre voti su quattro e tutti i 9 delegati; Hillary due voti su tre e quattro delegati su sei.

 

A questo punto, secondo i calcoli della Ap, fra i repubblicani Trump ha circa 620 delegati, Cruz quasi 400, Kasich 136. I 167 di Rubio andranno a chi riceverà l’endorsement del senatore. Ce ne vogliono 1.237 per ottenere la nomination e non è affatto escluso che la convention sia aperta, cioè che nessuno ci arrivi con la vittoria in tasca.

 

Fra i democratici, invece, la partita sembra segnata: la Clinton ha circa 1500 delegati, Sanders poco più di 700, meno della metà. Ce ne vogliono 2.383 per ottenere la nomination: una soglia che l’ex first lady può raggiungere.

 

La giornata elettorale è stata turbata da un allarme rivelatosi poi infondato: il quartier generale della campagna di Rubio a Washington è stato brevemente evacuato dopo che in alcune buste era stata trovata una polvere bianca: s’è temuto un attacco all’antrace, come quelli che si verificarono tra il 2001 e il 2002, ma i vigili del fuoco intervenuti hanno poi giudicato la sostanza non pericolosa. (fonti vv - gp)

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